Museo del Giocattolo e del Bambino a Cormano (MI). Un museo da collezionisti.

«È assolutamente vietato correre». cormano-museo-del-giocattolo-gennaio-2017-3È praticamente la prima frase che si legge e sinceramente non te lo aspetteresti nel Museo del Giocattolo e del Bambino di Cormano, che dovrebbe avere i bambini come pubblico dedicato. O almeno non con quel tono perentorio.

Soprattutto nel grande atrio che, caso vuole, nel momento del nostro ingresso è affollato dalle famiglie che escono dal teatro e da quelle che si stanno accomodando per laboratorio didattico: la solita allegra confusione di schiamazzi e risate ma anche la piacevole sensazione di un luogo vivace e frequentato.

Il museo invece è al secondo piano di questo ex-cotonificio, dove si è trasferito dalla periferia milanese di via Pitteri nel 2006, accolto a braccia aperte dal Comune di Cormano.

La grande sala espositiva, l’unica se si escludono due “diorami” che la precedono, è un ampio stanzone dalle pareti bianche e il soffitto alto, ma soprattutto molto più vuoto dell’atrio: solo pochi visitatori che guardano distrattamente gli oggetti nelle grandi vetrine.

cormano-museo-del-giocattolo-gennaio-2017-32Come dare torto alla scarsità di pubblico: nonostante un patrimonio esposto affascinante per qualità e varietà, l’esposizione sembra il deposito di un collezionista che ha ammassato golosamente tutto quello che poteva riempiendo ogni spazio possibile delle vetrine (pessime). Incurante se finiva su un ripiano troppo alto per essere visibile ai bambini e talvolta anche agli adulti.

Manca inoltre qualsiasi apparato informativo (ci sono dei monitor ma sono tristemente spenti) o un colore per rallegrare lo spazio bianco illuminato da freddi tubi fluorescenti, ed è difficile riconoscere un criterio espositivo.

cormano-museo-del-giocattolo-gennaio-2017-10Eppure sarebbero giocattoli in grado di affascinare i visitatori di qualsiasi età, oggetti che potrebbero semplicemente informare sui giochi del passato ma anche raccontare le passioni, i desideri e l’immaginario di generazioni di bambini; così come smascherare la volontà di plasmare l’infanzia da parte della della società degli adulti. E ancora molto altro.

Ma in queste condizioni la visita per gli adulti diventa una distratta passeggiata cercando con qualcosa che possa incuriosire, senza però perdere il controllo per cosa fanno i bambini: che non ce la fanno interessarsi a queste cose sotto vetro (che non possono toccare, che non funzionano, che nessuno gli racconta) e allora giocano tra di loro, si inseguono, corrono…

E correcormano-museo-del-giocattolo-gennaio-2017-33re è in effetti “assolutamente” pericoloso: i cristalli delle vetrine – a occhio – non sono certo di sicurezza; mentre l’accesso della porta anti-panico è una ripida scalinata che si apre in mezzo alla sala: chiusa da una catenella che non serve a contenere l’eventuale bambino esuberante da una rovinosa caduta mentre rappresenta un potenziale impedimento in caso di fuga.

cormano-museo-del-giocattolo-gennaio-2017-35Come ci si aspetterebbe, ci sono estemporanee possibilità di gioco, come alcuni tavolini con giochi da tavolo (che non hanno rapporti con quelli in vetrina) o due tappeti dove tirare dadi di gommapiuma; oppure si possono maneggiare (purtroppo!) giochi originali troppo voluminosi per stare in vetrina che sono lasciati a disposizione dei visitatori (con un pensiero preoccupato per la loro conservazione).

Troppo poco però perché un museo del giocattolo diventi anche un museo del bambino.

3 commenti

  1. Gentilissimo Andrea Perin,
    Sono quel “collezionista arruffone che ha ammassato golosamente tutto quello che poteva riempiendo ogni spazio possibile delle vetrine (pessime). ”
    Avrei molte cose da dirle, ma non sono sicuro che ne valga la pena, poichè però lei sostiene che vorrebbe conoscere i pareri di chi ha accompagnato i propri bambini a visitare i miei Musei, la invito a leggere questa testimonianza.
    Una sola fra le tante che ho ricevuto in oltre trenta anni dedicati ad istituire in DUE SEDI Il Museo del Giocattolo e del Bambino. (Senza alcun aiuto istituzionale.)

    http://squittydentrolarmadio.blogspot.it/2014/01/un-te-dentro-larmadio-022014-il-museo.html

    Le ricordo solo la definizione di Museo:

    Il museo è un’istituzione permanente,
    senza scopo di lucro, al servizio della
    società e del suo sviluppo, aperta al
    pubblico, che ha come obiettivo
    l’acquisizione, la conservazione, la ricerca,
    la comunicazione e l’esposizione per scopi
    di studio, di educazione e di diletto, delle
    testimonianze materiali dell’umanità e
    dell’ambiente.

    Aggiungo che ogni l’acquisizione, conservazione, ricerca, comunicazione ed esposizione riferite alla mia opera
    sono un mio personale dono alla collettività perchè :
    La vita è un dono, dei pochi ai molti, di coloro che sanno e che hanno a coloro che non sanno e che non hanno.
    ( si ricorda chi l’ha scritto?)

    Io ho donato questo…..
    Lei ?

    Con scarsa cordialità
    Paolo Franzini Tibaldeo

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    • Gentile Paolo Franzini Tibaldeo,
      Comincio con scusarmi per il termine “arruffone” che non aveva, nelle mie intenzioni, intento offensivo: ma evidentemente ho sbagliato e l’ho tolto.
      Ritengo comunque che, accanto al legittimo orgoglio per i meriti collezionistici e per la disponibilità di conoscenza offerta alla comunità, bisognerebbe anche anche mettere in conto i giudizi sul lavoro svolto. Le critiche sono puntuali e fanno parte della normale vita culturale e sociale, e rientrano, ritengo, all’interno del comune interesse per i musei e la loro funzione.
      Il problema della mancanza di fondi pubblici che Lei denuncia, situazione che colpisce molti musei, è sicuramente un vincolo pesante ma non un impedimento per molti interventi che possono comunque essere svolti.
      La ringrazio sinceramente per il suo intervento
      cordiali saluti
      Andrea Perin

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  2. Accetto le scuse
    Ma non senza invitarla a prendere nota del significato delle parole prima di usarle a sproposito:
    arruffone s. m. [der. di arruffare] (f. -a). – 1. [chi agisce in modo confuso, disordinato e acciabattone, confusionario, disordinato, facilone, ingarbuglione, pasticcione, pressappochista, pedante, pignolo, puntiglioso. 2. (estens.) [chi confonde gli altri con l’inganno] ≈ furfante, gabbamondo, imbroglione, impostore, intrigante, lestofante, truffatore.
    La definizione è tratta dalla Treccani, nella quale peraltro la mia ricerca è citata ripetutamente alla voce “gioco”.
    La premessa è doverosa per spiegare il mio approccio con lei, non propriamente amichevole.
    Nel suo articolo, fra tante critiche non ho trovato una sola parola di apprezzamento.
    E comunque potrei anche concordare riguardo la complessità dell’argomento sul quale studio da tanti anni, cercando appunto di farvi chiarezza.
    Se lei avesse ritenuto di contattarmi prima di esprimere i suoi commenti negativi, avremmo potuto avere
    uno scambio di idee più proficuo.
    Avrei potuto dirle , ad esempio, che condivido la sua osservazione che “molti interventi possono comunque essere svolti”, ma che in trent’anni del mio lavoro assiduo e solitario non sono arrivato a fare di più.
    Avrei potuto parlarle di quello che lei definisce sbrigativamente “diorama” e che è la ricomposizione di una aula scolastica ottocentesca : dai banchi, ai calamai di vetro, ai pennini, ai cartelloni murali, libri, quaderni ‘
    Tutto rigorosamente originale …
    Sa quanto tempo ( e quanti soldi) mi ha preso questa ricerca e questo studio ?
    Collezionistica lei dice ?
    La sede e le vetrine sono state offerte dal Comune di Cormano. Tutto è perfettibile e tutto è criticabile, ma furono ideate da un architetto di fama, espresso dalla cultura del momento. Non fu chiesto il mio parere.
    E comunque ci sono … Per un piccolo Comune fù un impegno notevole.
    Il Comune di Milano se la cavò con due benemerenze civiche.
    Vada a rileggersi la motivazione di quella del 1989….recita : ” E’ promotore di una iniziativa unica in Italia, che porterà Milano ad avere un Museo dedicato al giocattolo e al bambino.”
    E allora quel “collezionista” per preservare il “patrimonio museale”dalla dispersione pensò a una sede di proprietà.
    Con vetrine in materiali naturali, ad altezza bambino, vetri antisfondamento, uscite di sicurezza e quant’altro necessario e richiesto per una sede museale “ a norma di legge”.
    Tuffato nel verde di un giardino cintato e sicuro, con uno spazio coperto e arredato di giochi a disposizione tavoli, panchine per il pranzo al sacco, i laboratori, la conversazione e …. anche qualche corsa.
    E questo spazio si animò di giovani appassionati che vollero associarsi all’impresa museale per raccontare ai bambini la storia del giocattolo andando a costituire un team di esperti , che contano al loro attivo una laurea specifica sulla esperienza del Museo, oltre a varie pubblicazioni sul tema .
    Questi giovani ,col loro lavoro, garantirono la continuità dell’impresa museale collaborando con i fondatori,
    e continuando una tradizione plurigenerazionale dedicata all’insegnamento e rappresentata da una Fondazione senza scopo di lucro.
    Qui dirà lei, il discorso si fa lungo, ma c’è un altro termine della sua dissertazione che voglio mettere sul banco d’accusa : GOLOSAMENTE.
    Quel collezionista che ha ammassato golosamente tutto quello che poteva ammassare, in effetti si poneva
    via via lungo il percorso il problema dello spazio, ma cosa avrebbe potuto tralasciare di acquisire, studiare, conservare ed esporre ?
    Forse gli esemplari Lenci dei primi anni ’30. Oppure l’unica collezione completa esistente dei giocattoli Cardini, o forse la scimmietta Zizi donata da Munari e il suo libro “ Le macchine di Munari”, o l’aula scolastica, o le bambole Steiff o Burgarella , o l’Ondina meccanica, i prestigiosi automa, la carrellata dei Pinocchi accompagnata dal “ Giornale dei bambini “del 1881….Ogni reperto esposto è unico, significativo e irrinunciabile.
    Per fortuna quel collezionista durante questo ultratrentennale percorso non ha incontrato solo le sue critiche: a confortarlo nella sua impresa, ad apprezzarla e a scriverne in termini lusinghieri, nonostante tutti i suoi limiti e le sue incompiutezze ci furono nomi quali Alda Merini, Carlo Castellaneta, Luigi Santucci, Bruno Munari…., che, dimenticavo di dirglielo, fece parte del comitato scientifico del Museo e tagliò il nastro della inaugurazione della sua prima sede.
    E la ringrazio per l’interessamento.
    Paolo Franzini Tibaldeo

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